Psicologia del lavoro, (terza e ultima parte)

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dea.delmale
view post Posted on 11/12/2009, 17:30




-Il primo dopoguerra
In Europa un nuovo impulso alla psicologia del lavoro deriva dall’esigenza della ricostruzione e dalla ripresa dello sviluppo della scienza. Nello stesso periodo, anche in America, dove non esiste il problema della ricostruzione e la produzione è divenuta l’obiettivo principale, la disciplina si sviluppa rapidamente e la psicoanalisi è ufficialmente accettata.
Anche in Europa tra la fine della guerra e la crisi del 1929 contribuisce ad evidenziare la validità della psicologia del lavoro.
Il grande sviluppo degli anni ’20 viene, però, bloccato in Europa dall’avvento dei regimi autoritari, che nel tentativo di controllare la psicologia finisce proprio per ostacolarne lo sviluppo. Negli Stati Uniti, invece, la psicologia dal 1922 entra a far parte ufficialmente al servizio del personale.
In Italia vi era un certo scetticismo. Nonostante questa situazione non favorevole, anche in Italia, però, gli inizi sono dinamici e all’altezza delle psicologie del lavoro degli altri paesi. La situazione italiana presenta un gap rilevante tra l’ambiente industriale, non ancora disposto a recepire le nuove tecniche, e gli studiosi che, al contrario, lavorano al ritmo della cultura europea.
Sono gli anni in cui la psicologia del lavoro soffre la propria crisi di identità, crisi che stanno attraversando tutte le scienze dell’uomo.
In Italia, però, tale crisi ha avuto percussioni più forti per la psicologia che viene ostacolata dalla brusca reazione degli ambienti ufficiali caratterizzati dalla filosofia idealistica di cui sono autorevoli esponenti BENEDETTO CROCE e GIOVANNI GENTILE.
Lo Stato elimina le tecniche psicologiche di selezione, di orientamento e organizzazione aziendale che anche nel nostro paese iniziavano a dare i primi risultati positivi.
Mentre in Italia la situazione si sta deteriorando, negli Stati Uniti la psicologia industriale progredisce rapidamente.
Il 25 aprile 1927 MAYO inizia alla “Western Eletric Company” un lavoro di indagine.
Mayo dimostra che la prestazione lavorativa è strettamente determinata dallo stato dell’individuo; viene, pertanto, posto in primo piano il problema del lavoro di gruppo e della dimensione collettiva.
Sempre in questo periodo non vanno dimenticate le applicazioni di WATSON, psicologo caposcuola del Behaviorismo, delle idee psicologiche al campo della pubblicità e della propaganda.
Alla fine degli anni ’20, la psicologia industriale in Italia è fondamentalmente di tipo metrico, cioè alla ricerca di una sua specifica metodologia di misurazione, mentre in Inghilterra tenta di affrancare la propria indipendenza in quei settori che nel nostro Paese sono campo di studio della fisiologia e della medicina del lavoro.

-La crisi del 1929
Con la recessione del 1929 la sviluppo della psicologia segna una battuta di arresto. Sempre in questi anni la psicoanalisi inizia a difendersi contribuendo a sottolineare l’esistenza di comportamenti inconsci e irrazionali.
Il concetto di uomo al lavoro subisce sostanziali cambiamenti. FREUD pubblica, nel 1930, “il dialogo della civiltà” in cui presenta per la prima volta una formulazione clinica del significato del lavoro che il lavoro può assumere per l’uomo.
Nel 1930, dopo la grande crisi, il concetto di uomo al lavoro diviene più complesso, le direzioni aziendali si sono rese conto della necessità di considerare i fattori irrazionali, sentimentali, emozionali dei lavoratori.
Dai lavori di MUNSTERBERG è derivato l’interesse per le scienze che tentano una misura dell’uomo.
La crisi del 1929 può essere considerata un evento decisivo in molti paesi per lo sviluppo delle discipline centrate sull’uomo e, in particolare, della psicologia.
La giovane psicologia industriale italiana tenta con grosse difficoltà tenta di sostenere l’urlo della recessione. Non riesce a trasformarsi da psicotecnica a psicosociologia. La crisi del 1929 provoca deflazione e non inflazione causando cosi il fallimento di molte industrie.
Il concetto di lavoro subisce nettamente l’influsso di due scuole psicologiche, quella psicoanalitica e quella della psicologia sociale. La prima studia l’uomo come possessore di una parte inconscia. La psicologia sociale rende ineliminabile dallo studio dell’uomo il concetto di pensiero collettivo: Group Mind.
Quindi anche il lavoro diventa un mezzo per soddisfare i bisogni. RIESMAN mette in evidenza che la gioia nel lavoro non poteva essere raggiunta senza considerare l’uomo anche al di fuori dell’esperienza lavorativa.
Lo psicologo LAWSHE fa notare che il divertimento e il tempo libero possono attribuire un significato diverso al lavoro.
Si è passati quindi al concetto di uomo come energia meccanica, cioè il taylorismo e l’organizzazione scientifica del lavoro, a concezioni più psicologiche e soggettiv
e.

 
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